La Chiesa di San Giorgio Martire (Duomo)
6c4_paeseUno degli scorci più suggestivi che offre alla nostra vista questa interessante cittadina, è il complesso di Piazza Duomo (volgarmente definito dagli abitanti: “u chianu ‘a Matrici”) se ammirato, come noi consigliamo, dall’inizio di via Cartagine esattamente in prossimità del civico 60 o dall’angolo di via Montevecchio.
Percorrendo con lo sguardo tutto quanto l’insieme da destra verso sinistra notiamo una prima chiesa delle Anime Sante del Purgatorio cui fa eco quella dell’Oratorio, fine manufatto barocco, cioè la più prossima al Duomo, che conserva all’interno pregevoli stucchi del ‘600-’700 raffiguranti i dodici apostoli e al centro l’ex Monte di Pietà. Il corpo centrale dell’insieme dei tre edifici dall’imponente monumentalità e fine artisticità viene quasi ad essere dilatato dalla presenza delle due chiese.
L’ex Monte di Pietà mostra un’interessante fusione di barocco con elementi neoclassici ed è forse l’unico rilevante esempio di architettura civile esistente a Caccamo.
L’intero complesso architettonico e quello del Duomo danno vita ad uno scenario unico al punto da rappresentare un insieme inscindibile reso ancora più suggestivo dallo scorcio di roccia su cui in alto si edifica il Castello mentre nella parte inferiore stanno sospese alcune case come fossero adibite al controllo della intera piazza.
Nell’angolo di destra: tra la parte basale della roccia e la parte esterna della parete della chiesa dell’Oratorio un varco ci indica un accidentato passaggio attraverso il quale - si dice - l’ultima principessa claudicante ed in portantina veniva trasferita dal Castello alla Chiesa Madre per assisstere alle funzioni religiose.
7e2_duomoIl piano della Madrice dunque, sopraelevato a terrazza sul vecchio borgo di Terravecchia, è senz’altro una delle piazze più belle della Sicilia.
L’opinione degli studiosi è concorde nello stabilire che il Duomo, dedicato a San Giorgio, sorga su un’antichissima struttura di epoca normanna (1090). Imponenti modifiche vengono apportate nel 1477 e nel 1615 con proficuo finanziamento del canonico Paolo Muscia che Caccamo annovera tra gli uomini più generosi e prestigiosi del suo passato.
Il portale centrale è sormontato da un medaglione scolpito (1660) opera di Gaspare Guercio, raffigurante San Giorgio in atto di salvare una fanciulla.
Il resto della facciata è caratterizzato da tre portali scanditi da lesene. In alto, ai lati del grande finestrone sormontato da una croce trifogliata, troviamo le statue di S. Pietro e S. Paolo. Il campanile, la cui parte inferiore era torre avanzata del Castello presentandosi diversa e chiaramente più arcaica della restante parte superiore, culmina nella sua maestosa mole con una guglia a forma piramidale, le cui quattro facce, distrutte da un fulmine, erano ornate da piastrelle maiolicate raffiguranti San Giorgio.
L’interno della chiesa è a tre navate ed a croce latina ed è un vero concentrato di opere d’arte sia per l’importanza degli artefici che per la varietà e la ricchezza dei manufatti, pertanto ci limiteremo a segnalare le opere più significative.

Dipinto su tavola un trittico la cui cornice non è certamente quella originaria, come si può anche rilevare dal fatto che essa non scorre esattamente sulle linee delle pitture occultandole in parte. Si ritiene che la cornice originaria sia quella che si trovava nella sala da pranzo del Castello, da cui probabilmente il trittico fu staccato. Il dipinto raffigura nel centro la Madonna che tiene adagiato il bambino sulle ginocchia ed ai lati San Giorgio e San Pietro. Ai piedi della Madonna è dipinto un cardellino che avrebbe fatto attribuire l’opera ad un ipotetico Maestro Giuseppe Cardillo. L’opera risale al XV secolo; l’autore, secondo Maria Concetta Di Natale, sarebbe invece Guglielmo da Pesaro.
Tela raffigurante il Beato Giovanni Liccio che protegge la città di Caccamo del pittore Carlo Ameglio di Cagliari del 1939. In questa tela è riprodotto l’abitato che ha l’aspetto di un grosso cetaceo.

Statua in legno policromo, opera del 1657 dello scultore Onofrio Ruggeri. La raffinata statua raffigura San Giorgio che preme sul drago la punta di una lunga asta in cima alla quale è inalberata la bandiera simbolo della vittoria riportata, resa ancora più evidente dalla palma d’oro massiccio che porta nella mano sinistra (solo per la sua festa riccorrente il 23 aprile).

8c3_duomo_internoLa Cappella in fondo alla navata di destra è dedicata alla Madonna chiamata “Libera infermi”. Ha la volta e le pareti con decorazioni in oro di stile impero. Il simulacro marmoreo della Madonna fu eseguito nel 1499 da Antonio Mannelli ed Andrea Mancino; sul piedistallo, nella faccia anteriore, è scolpito il presepe.

La Cappella a sinistra del SS. Sacramento ha un ciborio in altorilievo marmoreo del secolo XV riferito a Domenico Gagini. Esso si eleva sopra l’altare fra due esili colonne di porfido, fra agate ed ametiste, che s’intrecciano con topazi e lapislazzuli. Il Redentore esce dal sepolcro con il vessillo del trionfo in mano. Due pilastrini laterali sorreggono l’architrave. In alto è raffigurato l’Eterno Padre in atto di benedire.

Sulla porta della sagrestia corre una trabeazione marmorea distinta in tre pezzi, raffigurante ai lati rispettivamente San Pietro e San Paolo ed al centro la Madonna col Bambino ed angeli: ai lati della porta due formelle compongono l’annunciazione. Tutto il complesso marmoreo si attribuisce a Francesco Laurana.

Il Duomo custodisce anche importantissime opere di pittori fiamminghi ed olandesi che dal cinquecento in poi diedero un grande apporto alla pittura siciliana:
una tavola ritenuta la più pregevole opera di Simone De Wobreck di Harlem (1582) raffigurante la caduta di Gesù sotto la croce, mentre viene condotto al Calvario e la Veronica che asciuga il volto.

La serie dei Cinque sensi del 1635 attribuita a Jan Van Houbraken e proveniente da una raccolta privata di Messina o di Palermo. La vista è raffigurata da una giovane donna che s’imbelletta di fronte ad uno specchio, mentre un giovane nella penombra le porge dei profumi. L’udito è simboleggiato da un uomo che, suonando una spinetta, accompagna un flautista. Il gusto è rappresentato da un oste che mesce il vino ad un giovane cavaliere. L’olfatto è simboleggiato da un giovane che annusa un mellone, mentre il venditore, con un coltello in mano, attende che gli si giudichi la merce. Il tatto è realizzato con una scena po-polare: un cieco nell’incertezza dei passi stringe nervoso un ragazzo vestito di cenci, che at-territo cerca di sfuggirgli.

8c1_duomo_internoIl Sant’Isidoro Agricola di Matthias Stomer del 1641 tela proveniente dalla chiesa di Sant’Agostino e collocata all’interno del Duomo per motivi di sicurezza. Lo Stomer non firmava mai i suoi dipinti. Fece una eccezione per la grande tela di S. Isidoro, prova questa del valore che il pittore stesso attribuì alla sua opera, riconoscendo in essa l’espressione più piena e più completa del suo tormento artistico. Soltanto due tele lasciarono lo Stomer tanto soddisfatto da convincerlo ad apporvi la sua firma e la data dell’esecuzione. L’altra tela si trova nel museo di Anversa. L’insieme del quadro, la varietà delle figure, il rilievo accurato dei particolari, la concezione grandiosa e l’armonia del tutto, ci danno senza dubbio una delle migliori opere dello Stomer.
Una notte di marzo del 1971 durante l’imperversare di un temporale, questo quadro assieme al quadro della Madonna del Buon Consiglio vennere trafugati. Quest’ultimo venne ritrovato dopo alcuni giorni; la tela dello Stomer fu ritrovata dai carabinieri di Palermo in contrada Addaura a seguito di una segnalazione anonima. Fu restaurata a cura della Soprintendenza, fu esposta per qualche mese presso il palazzo Abbatellis di Palermo e poi restituito a Caccamo.

Altrettanto ricca la raccolta di arredi e di oggetti sacri. All’interno della sacrestia possiamo ammirare dentro due bacheche: lettere, pergamente, manoscritti, indulgenze, bolle di accompagnamento di reliquie e concessioni. Altre opere, costituite da paramenti sacri, arazzi ed oreficeria fanno del Duomo di Caccamo un museo d’arte sacra. Fra le opere di oreficeria ed argenteria notiamo preziosi calici, ostensori, reliquari, croci, opere di sbalzo e cesello dal XV al XIX secolo che costituiscono un ragguardevole tesoro artistico per la finezza della lavorazione nei diversi stili delle epoche a cui si riferiscono.
Ed ancora: la portantina della principessa De Spuches ma anche un bastone in legno rivestito d’avorio della fine del secolo XV, diviso in quattordici scomparti, ciascuno dei quali porta incisa una scena dei misteri del rosario, nonché un reliquario a statua riproducente Santa Rosalia in argento sbalzato, cesellato e fuso. La Santa - compatrona di Caccamo - porta sul capo la caratteristica corona di rose, presenta la conchiglia sul petto e nella mano destra il bastone: simboli del suo pellegrinare. Autore è l’argentiere palermitano Agostino Natoli. La statua fu vidimata dal console della maestranza degli orafi e argentieri di Palermo del 1778 Don Gioacchino Garraffa.

8c1_duomo_internoIl coro in legno intagliato è opera dello scultore Vincenzo Marchese (1756) è una testimonianza della efficiente ebanisteria siciliana, nello spazio che precede l’abside maggiore è diviso in due ordini e comprende 54 stalli. Un’opera eccezionale è rappresentata da un San Giorgio della produzione scultorea in alabastro diffusa nell’Isola e particolarmente a Trapani. Sappiamo che per realizzarla furono necessari cento anni di lavoro. Se consideriamo il fatto che l’alabastro è una roccia difficile da lavorare e che la parte basale dell’opera sembra un merletto, ci rendiamo conto della sua preziosità e di quanto si dice: che gli americani - alla fine della seconda guerra mondiale - avrebbero pagato questa opera a peso d’oro dando in aggiunta le tasse di due città degli Stati Uniti.
Il leggio corale, rara opera di un maestro intagliatore siciliano del secolo XVII, ha il piedistallo, la base ed il fusto sfarzosamente ornati di svolazzi, foglie, testine d’angeli, nodi a bocciolo, delfini e grifi.
L’organo più antico della Chiesa Madre sarebbe stato costruito nel 1652 dal maestro organaro Santo Romano da Messina che lo avrebbe modellato su quello della cattedrale di Palermo. Il nuovo organo è stato costruito da Giuseppe Lugaro (1863) che ha inciso nella struttura la data e la sua firma. È probabile che lo stesso, nell’opera di ricostruzione, abbia recuperato e riutilizzato diverse parti dell’antico organo, tra cui alcune canne.
L’attuale restauro (1996) è stato curato dalla ditta Colletti di Bisacquino.
Nell’abside centrale, l’altare maggiore in marmi policromi è sormontato da una tela del pittore Vito D’Anna (sec. XVIII) che riproduce il trionfo di San Giorgio.
Sotto la cupola, ac-canto all’altare centrale, il fonte battesimale del 1466, di autore ignoto viene attribuito alla scuola Gaginesca. Esso è ricavato da un pezzo di marmo monolitico ed ai quattro lati raffigura: a) San Giorgio a cavallo nell’usuale iconografia; b) un monogramma cristiano; c) lo stemma dei Cabrera rappresentato da uno scudo dentato intorno ad una capra rampante in un campo d’oro; d) lo stemma dei Padres formato da uno scudo ripartito da sei pali e sei gigli.

Nella navata di sinistra l’altare delle reliquie in legno dorato. Orna l’altare una tela attribuita a Pietro Novelli raffigurante il Cristo in croce, ai piedi Santa Rosalia che addita la città di Caccamo allora colpita dalla peste, dall’altra parte San Rocco che riceve da un cane il pane della provvidenza.
Accanto alla tela c’è un trittico raffigurante il Compianto in forma di pietà. Si tratta di un gruppo fittile di ignoto maestro dell’Italia centrale del XV secolo.
Il gruppo in terracotta policroma, proveniente dalla chiesa di San Francesco d’Assisi in Caccamo, è composto dalle figure centrali della Madonna che regge sulle ginocchia il figlio morto, secondo l’iconografia della pietà con ai lati la Madonna e San Giovanni.

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